venerdì 10 giugno 2011

Una mattinata straordinaria

Storia  ed eventi messignadesi      
UN MISTERO LUNGO 121 ANNI – 2
Messignadi – cronaca (immaginaria) di una mattinata straordinaria
                                      di Filippo Tucci

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Sono poche le notizie di cui si dispone, relativamente ai fatti che accaddero la mattina di quel giovedì 15 maggio 1890 a Messignadi e dalla reazione della popolazione, catapultata, suo malgrado, in una vicenda fuori dal comune, quale è stato il fenomeno della “pioggia di
sangue”. E’ rimasta solo qualche notizia frammentaria, giunta oralmente fino ai giorni nostri e qualche ”leggenda”, che consente appena una approssimativa ricostruzione. Quando, alle prime luci dell’alba qualcuno, alla Serra, si accorse che il terreno era impregnato di un liquido rossastro, apparentemente sangue, diede l’allarme e ci fu un andirivieni generale. In quegli anni l’area attorno alla fiumara della Serra (fiume Jona) era densamente abitata da agricoltori e pastori che lì avevano la loro abitazione. Fu
sicuramente una reazione di incredulità, sconcerto e sgomento, e qualcuno si faceva il segno della croce gridando: “Miraculu, miraculu!” Si decise di mandare subito qualcuno in paese, a Messignadi, per avvertire dell’accaduto il parroco e la guardia comunale. Il messignadese don Antonino Schiava (don Ninu) guidava la parrocchia locale da 32 anni ed era oramai vecchio e stanco. Nella sua vita ne aveva viste e sentite di cotte e di crude, ma stentava a credere a ciò che, in maniera confusa e agitata, quel ragazzo gli stava dicendo: Accipreviti veniti, veniti, a ‘mmunti a serra è chjnu i sangu a tutti i vandi!” E don Nino: “ma chi nci fu nà guerra, si sciarriaru , ‘mmazzaru achidunu ? Il ragazzo tentava di spiegare: ”No, non ndavi morti, chjoviu sangu du celu e i genti dinnu ca esti nù miraculu”. Frattanto era arrivato anche la guardia comunale, mentre un capannello di persone si era formato nella piazzetta davanti alla chiesa. Il prete e la guardia, decisero di recarsi subito alla Serra, mentre il sacrestano sarebbe andato a Oppido ad avvertire il vescovo, il Sindaco De Zerbi e il maresciallo dei Regi Carabinieri. Giunti sul posto i due, furono attorniati da una marea di persone (intanto lì tutto il paese si era riversato lì) e non poterono che prendere atto che effettivamente una ampia zona era coperta da un liquido rossastro, la cui natura era ignota, ma che poteva anche essere sangue. Si adoperarono perché si placassero  gli animi, assicurando che stavano per arrivare da Oppido le “autorità”. Sul mezzogiorno giunsero il canonico Virdia, mandato dal vescovo mons. Curcio, il maresciallo dei Carabinieri e l’ufficiale sanitario del Comune. Ispezionarono l’area in lungo e in largo, presero appunti, interrogarono gli abitanti del posto e prelevarono dei campioni del liquido e delle zolle di terra. Non diedero, né erano in grado di farlo, spiegazioni o opinioni. Il canonico Virdia  raccomandò solo la preghiera, perché questa – di qualunque cosa si trattasse – era l’unica cosa che in quel momento si poteva fare. Poi andarono via tutti. Don Nino Schiava tornò a casa sua, il Canonico Virdia andò a redigere la sua relazione che consegnò al vescovo ed inviò all’ufficio Meteorologico di Moncalieri ed in Vaticano, l’ufficiale sanitario mandò reperti e relazione alla Scuola Superiore di Sanità di Roma ed il maresciallo relazionò a chi di competenza. La gente stazionò sul luogo per l’intera giornata  ed altrettanto accadde nei giorni successivi, fintantoché un acquazzone non ripulì completamente tutta l’area. Dopo circa un mese furono resi noti gli esiti delle analisi, che confermarono trattarsi di sangue animale, di uccelli verosimilmente, 
e fu data una versione dei fatti, secondo la quale sarebbe stata una forte tempesta la causa di quanto accaduto. L'ipotesi formulata è stata ritenuta poco credibile anche dai Messignadesi, ma tanto bastò alle autorità civili e religiose per archiviare il caso. Il vescovo, mons. Curcio, convocò in Episcopio don Antonino Schiava e, nel commentare l’esito delle analisi, specificò che il miracolo, per Santa Madre Chiesa, è considerato tale quando produce effetti positivi e documentabili, che nel caso specifico non erano riscontrabili. E se di miracolo non si tratta, tutto poteva essere, anche opera del Maligno, come ben ci insegnano le Sacre Scritture. Perciò era bene che i “buoni figlioli messignadesi” non ne parlassero più. Don Nino  convenne con il suo vescovo e chiuse l'incontro con un non convinto “Sia fatta a volontà du Signuri”. Da allora sono passati 121 anni, ma il mistero della “pioggia di sangue” continua ancora.

FILIPPO TUCCI

                                 Messignadineltempo.blogspot.com

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