lunedì 8 giugno 2015

Serenate (di Filippo Tucci)

SERENATE

Può accadere che in una afosa notte di agosto, quando il sonno tarda a venire e passeggi solitario nelle anguste viuzze del paese, ti imbatta in una piccola folla di persone che traffica con chitarre e organetti, cercando di trovare il giusto accordo. Curioso, chiedi cosa stia succedendo e ti informano che stanno preparando la serenata "a nà zita, chi ddomani si marita". Notizia strabiliante! Ritenevo che i giovani d’oggi si ritrovassero solo alle feste del celibato o del nubilato, ignoravo che ancora esistesse qualcuno così romantico da fare una serenata. Mi soffermo e noto, nel gruppetto, un giovane con in mano un mazzo di fiori, dal che arguisco si tratti dello ''zito". La piccola folla (cinquanta persone, almeno) si mette in movimento, ed io con loro. Un centinaio di metri e ci si ferma di fronte all’ingresso di una casa. Il fidanzato, con in mano i fiori, si colloca sotto la finestra, al piano terra dell’abitazione. Siamo tutti in silenzio. Partono le prime note e la voce solista attacca una canzone d’amore. Prima che le ultime note si perdano nell’aria, la finestra si spalanca ed appare la "zita", radiosa e sorridente, bella nella sua semplicità. Il giovane innamorato le porge il mazzo di fiori, che lei accetta e lo invita in casa. Un attimo dopo i due giovani si affacciano alla finestra, l’una nelle braccia dell’altro, impegnatissimi a scambiarsi un lungo bacio. Partono gli applausi dei presenti, mentre i ragazzi della band attaccano la tarantella. Gli "zziti" si portano tra le persone e cominciano a ballare, invitando tutti a partecipare. A turno ballerini esperti (ma anche qualcuno imbranatello) si susseguono nel cerchio magico. La serenata è diventata una festa popolare. Intanto circolano tra i presenti, i parenti della promessa sposa con vassoi pieni di dolciumi e beveraggi vari. Bello, bellissimo questo revival, in questa estate 2012, dove le vecchie tradizioni sono rinate a nuova vita e scopri con sorpresa che i giovani d’oggi sono romantici quanto lo erano i loro genitori...                                                                                            
FILIPPO TUCCI 
(agosto 2012)

venerdì 5 giugno 2015

Vincenzo Riganò durante una manifestazione


La guardia civica Francesco Surace


Prima comunione


Bambino in posa


Carmela Surace


I coniugi Sorrenti


La torta nuziale


martedì 2 giugno 2015

La lapide della "vergogna"

LA LAPIDE DELLA VERGOGNA 

“C'era scritto sul foglio ch'era morto sulla bandiera.
C'era scritto e la firma era d'oro, era firma di re.
Ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia…” (dalla canzone “Andrea” di F.De André)
Così Fabrizio De André ricorda il sacrificio di tanti giovani e meno giovani, che nella grande guerra del 1915-1918, lasciarono il loro paese, le loro famiglie, i loro amori per andare a combattere per la Patria. Molti non ebbero la fortuna di tornare ed alle loro famiglie fu recapitato un foglio nel quale c’era scritto che il loro congiunto era caduto eroicamente sui campi di battaglia. La Nazione intera li ricorda il 4 novembre di ogni anno, con celebrazioni che si svolgono in tutti i paesi d’Italia. Anche “Messignadi nel tempo” ha ritenuto doverosamente di ricordare i caduti messignadesi, pubblicando un post con tutti i loro nomi, 20 per l’esattezza. Avremmo voluto, però, fare di più.
Ricordavamo la presenza di una lapide marmorea, datata 15 giugno 1919, contenente nobili e alate parole ed i nomi di quegli eroi. In origine era collocata sul muro esterno di una casa, posta nella piazza principale della Chiesa Vecchia, ora Salvatore Rosa, ma poi negli anni sessanta, venne rimossa, a seguito di lavori di ristrutturazione del fabbricato e temporaneamente collocata all’interno del locale cimitero, in attesa di una adeguata sistemazione, all’interno del paese. E lì è rimasta per lunghissimi anni, posta precariamente su un muro, appena dopo l’ingresso sulla sinistra. E lì pensavamo di trovarla ancora, il 4 novembre scorso, quando andammo a portare un fiore e rendere omaggio ai nostri caduti. Non è stato così. Il muro era tristemente vuoto e della lapide nessuna traccia. Abbiamo girato per tutto il cimitero, illudendoci magari di trovarla collocata in una migliore posizione, ma niente. Qualcuno ci disse che era possibile che la lapide si trovasse all'interno del locale adibito a deposito, ovviamente chiuso a doppia mandata. Sbirciammo all'interno e sulle pareti non trovammo alcunché e neanche sul pavimento. Abbiamo potuto parlare infine con un addetto al cimitero che ci ha informato che la lapide, qualche anno addietro, si era staccata dal muro forse per le intemperie e nella caduta, si era frantumata in tanti pezzi. Non sapeva se i pezzi giacessero ancora sul pavimento del locale deposito o se erano stati portati via (eufemisticamente buttati nella spazzatura). Questi i fatti e gli antefatti. Cari amici Messignadesi voi che, con lodevole sensibilità, riuscite a trovare adeguata collocazione ai simboli della nostra religione, possibile che non abbiate un minimo di sensibilità civile per un gesto riparatorio che ponga fine a questa “vergogna”? Spero proprio che il prossimo 4 novembre una lapide marmorea, a ricordo dei nostri caduti in guerra, possa campeggiare su uno spazio cittadino, così come è stato fatto in ogni paese. In fondo quei ragazzi non sono degli estranei, erano nostri fratelli e hanno sacrificato la propria vita per adempiere al sacro dovere di difesa della nostra Patria.

P.S. Ai tanti ragazzi che ci seguono, chiedo di leggere e far leggere questo post ai loro genitori e magari ai loro maestri e professori; è a loro che spetta il compito primario di infondere nei giovani il senso civico ed il rispetto della nostra storia.                                      

FILIPPO TUCCI  
(7/11/2012)