venerdì 26 aprile 2013

PROTESTA DEI MESSIGNADESI 1965


PROTESTA DEI MESSIGNADESI 1965                                                                                                                      
Nella tarda primavera del 1965, a Messignadi vi era un diffuso malessere nei confronti della Amministrazione comunale per una serie di problemi insoluti, taluni dei quali si trascinavano da anni. Innanzitutto la necessità di un collegamento stradale diretto  con Oppido, perché l’accesso a piedi  risultava estremamente disagevole, soprattutto per i ragazzi che frequentavano le scuole medie. La rotabile Messignadi-Varapodio era, in condizioni disastrate, non asfaltata , piena di buche e quando pioveva diventava un pantano. L’emigrazione all’estero e nel Nord Italia aveva spopolato il paese e il lavoro era solo un miraggio. Vi erano, poi, le carenze “minori” tipo l’assenza in paese dell’ostetrica, i rifiuti non raccolti, la luce pubblica assolutamente insufficiente, la mancanza di case popolari. I giovani, in particolare, lamentavano la chiusura del campo sportivo e  la mancanza di una sezione delle scuole medie inferiori. Era comprensibile quindi, che difronte alla atavica inerzia dell’Amministrazione municipale, il mugugno dei Messignadesi sfociasse in protesta di popolo. I più attivi erano i soggetti più politicizzati, generalmente orientati a sinistra e, tra loro, in particolare Pietro Caravelli e Vincenzo Surace (il Partigiano), al cui seguito vi erano moltissimi giovani. Messignadi, però, non aveva la capacità di esprimere un capo-popolo (alla Zimbè, per capirci), per cui si presero contatti con il medico Emilio Argiroffi, dirigente del PCI di Taurianova.  Argiroffi, avviato ad una brillante carriera politica, non perse l’occasione che gli si presentava per radicarsi meglio sul territorio; tenne diverse riunioni a Messignadi, ascoltò la gente del paese  ed alla fine fu deciso di organizzare una manifestazione di protesta  presso la sede del Municipio di Oppido. Fissata la data, verso la fine del mese di maggio, si passò alla organizzazione, coinvolgendo non solo giovani e giovanissimi, ma anche  il resto degli abitanti. Nei giorni precedenti la data stabilita, vennero preparati dei cartelloni che denunciavano i vari problemi e furono definiti nei dettagli le modalità di svolgimento della protesta, che comunque doveva essere e restare civile e pacifica. La notte antecedente alcuni dei promotori preferirono non dormire a casa loro, perché si temeva un blitz delle forze dell’ordine. Fortunatamente  non accadde nulla ed al mattino seguente, buona parte del paese si avviò verso Oppido. A metà del corso principale di Oppido, i Messignadesi  formarono il corteo che doveva marciare verso il Palazzo del Comune. In testa al corteo i giovanissimi (quasi bambini), che issavano i cartelloni con le diverse denunce; subito dietro di loro, una Fiat 600 dotata di altoparlante da cui venivano scanditi  gli slogan che motivavano la protesta. A seguire una moltitudine di persone, guidata da Argiroffi. Non mancavano (né potevano mancare) taluni “reduci” della tentata occupazione del bosco d Farone, avvenuta 15 anni prima. Ciccu Surace, mastro Vincenzo u’ cadderaru,  Jelasi, Rocco Pizzucu, Nunzio Surace, u Tronino, u Saracino ecc., avevano risposto all’appello, anche se qualcuno di loro era palesemente acciaccato ed ingobbito sotto il peso degli anni. Il corteo dei manifestanti si mosse verso il Municipio, tra la curiosità dei passanti e qualche sberleffo provocatorio, che avrebbe potuto far degenerare una manifestazione civile e responsabile. Non si cadde nella trappola neanche quando qualche sciagurato gridò a voce alta: “Ma chi vonnu, sti culi lordi i Messignadoti”. Giunti all’altezza del Comune, il corteo si fermò e Emilio Argiroffi, salito su una sedia, potè tenere il suo comizio. Si richiese, quindi, che una delegazione fosse ricevuta dal Sindaco, ma il sig. Sindaco era in tutt’altre faccende affaccendato (come era del resto facilmente prevedibile), per cui la delegazione dovette rappresentare le proprie istanze ad un personaggio che, assicurò, avrebbe riferito puntualmente al primo cittadino, che  non avrebbe mancato di esaminare le diverse richieste presentate. Grande è stata la delusione dei partecipanti che si attendevano qualcosa di più concreto, in tempi brevi. Poi il corteo si sciolse ed i Messignadesi tornarono alle loro case a mani vuote, come era accaduto, né più né meno, quindici anni prima.
FILIPPO TUCCI

Il raduno dei manifestanti


Si prepara il corteo


Comincia la sfilata


Il corteo in marcia


La testa del corteo


L'arrivo in municipio


Sit-in difronte al Comune


Il comizio di Emilio Argiroffi


si torna a casa...


Emilio Argiroffi


La vecchia guardia!


I giovani leoni!


Bambini


...altri partecipanti


mercoledì 24 aprile 2013

"mastro" Pietro Andronaco


Pietro Andronaco "Summastro" (di Filippo Tucci)


PIETRO ANDRONACO,“SUMMASTRO                                       

Il messignadese Pietro Andronaco faceva di mestiere il ciabattino, ma catalogarlo sbrigativamente come “scarparu”  è assolutamente riduttivo, perché lui non si limitava soltanto  a riparare le scarpe malridotte dei messignadesi, ma era soprattutto un “creatore” di modelli di scarpe che venivano vendute nei migliori negozi di Messina. Fosse vissuto oggi, lo si sarebbe potuto definire un “designer di moda” ed è certo che , in un contesto ambientale diverso, la sua creatività  ne avrebbe fatto di lui un uomo di successo con tante soddisfazioni,  sociali ed economiche. Invece ha dovuto accontentarsi di poco, di quel molto poco che i tempi di allora consentivano. Mastro Pietro,  pensava i suoi “modelli”, poi li traduceva in precisissimi disegni, sui quali lavorava intere giornate, fintantoché non arrivava al modello definitivo. Passava, quindi, alla realizzazione che eseguiva con estrema perizia. Appena le scarpe erano pronte, prendeva il primo autobus con destinazione Messina. Qui si presentava da un rinomato  negozio di scarpe, dove veniva accolto e trattato con grande cordialità. Ne usciva alla fine, con qualche spicciolo in tasca, sufficiente ad un pranzo in trattoria ed a levarsi qualche umano sfizio. Poi se ne tornava a casa, mentre il negoziante lucrava abbondantemente facendo riprodurre in serie il “prototipo” , vendendo  le scarpe a facoltosi clienti. Pietro Andronaco era contento lo stesso, era fatto così. Amava tanto le sue “creature” al punto che una volta, incontrando in paese un suo cliente che aveva le “sue” scarpe appena impolverate, lo rimproverò aspramente e, preso dal taschino il fazzoletto bianco, pulì la “scarpina” facendola brillare in tutta la sua bellezza .Come tutti gli artisti, riteneva che la sua opera potesse essere utilizzata da chi la comprava, ma lui si sentiva sempre il proprietario. Mastro Pietro aveva il dono naturale del disegno, tant’è che spesso raffigurava, su fogli di quaderno o carta d’altro genere, i personaggi famosi dell’epoca : Mussolini, Hitler, Badoglio ecc. Alla sua bottega (o scuola, come lui stesso diceva) andavano molti ragazzi (discipuli) che dovevano chiamarlo “Summastro”  ( il gradino piu’ alto nella gerarchia artigianale) e visto il carattere del personaggio,  non voleva essere confuso con i ciabattini, pur numerosi e bravi, che lavoravano a Messignadi.  Aveva, e forse non a torto, una grande considerazione di se stesso che si rifletteva nei suoi comportamenti. Fisicamente era longilineo, vestiva in maniera sobria, ma elegante. Portava quasi sempre la cravatta (una rarità per quei tempi) e ai piedi i suoi gioielli che, come diceva lui,  portava a passeggio per suscitare l’ammirazione e l’invidia dei passanti. Attraversava le strade del paese, non con alterigia, ma con l’interiore convincimento di essere un gradino più in alto degli altri. Non era molto loquace ed amava vagare per i boschi, assorto nei suoi pensieri. Quando, per svago o per necessità, si recava nelle campagne le sue amate scarpine restavano a casa e usava scarponi e abiti che normalmente non si usano per andare in giro.  In queste occasioni, mastro Pietro evitava di farsi vedere , servendosi di stradine periferiche e di campagna. Era geniale nel suo lavoro ed è un vero peccato che delle sue tantissime creazioni sia rimasto poco o nulla.
FILIPPO TUCCI

Pietro Andronaco - disegno modello di scarpa


Pietro Andronaco - ritratto di P. Badoglio


Pietro Andronaco - ritratto di B. Mussolini


Pietro Andronaco - ritratto di A. Hitler


Felici e vincenti...!


mercoledì 17 aprile 2013

Vicente Riganò, musicista messignadese in Argentina


Vicente Riganò


Soldati: Antonino Caia, 1


Soldati: Antonino Caia, 2


Soldati: Antonino Caia, 3


Soldati: Antonino Caia, 4


Soldati: Antonino Caia, 5


giovedì 4 aprile 2013

Messignadesi


Domenico e Teresa Caia


Calcio Messignadi


Giocando di giorno...


Giocando di notte...


Ruderi del Convento di Santa Maria della Palomba


Messignadi, Santa Croce dei Padri Passionisti