mercoledì 14 ottobre 2020

Ricordando il prof. Pasqualino Marcianò (di Francesco Condello)

RICORDANDO IL PROF. PASQUALINO MARCIANÒ

a cura di FRANCESCO CONDELLO

Oggi, 11 anni fa, ci lasciava il caro professore Pasqualino Marcianò. Nasce a Delianuova dove frequenta le scuole primarie. Conclusi gli studi superiori presso i Gesuiti di Messina, nella stessa città si laurea in Lettere Classiche sostenendo una tesi in Latino. Ordinario di materie letterarie, dopo un periodo di insegnamento diventa preside di ruolo presso Ravenna, città di residenza, dove ha anche ricoperto il ruolo di assessore alla Pubblica Istruzione dal 1979 al 1987 e di dirigente del vecchio Partito Socialista. Trascorre lunghi periodi nella sua amata Calabria vivendo a Messignadi, dove muore improvvisamente il 14 Ottobre 2009. Nel ricordare oggi, come sempre, le sue qualità di docente, preside e amministratore bisogna ricordare soprattutto la sua grande umanità e disponibilità al dialogo. Un uomo di grande spessore che ha lasciato un gran vuoto in tutti quelli che lo abbiamo conosciuto.

 


domenica 26 luglio 2020

Il significato del nome "MESSIGNADI"

IL SIGNIFICATO DEL NOME “MESSIGNADI” LE VARIE IPOTESI
Purtroppo per quanto riguarda il significato preciso da attribuire al nome “Messignadi” tra gli studiosi non troviamo né una soluzione ufficiale né una tesi che prevale rispetto alle altre, quindi tutte le numerose ipotesi mantengono fino a questo momento pari valore. Negli anni importanti contributi su tale questione sono stati scritti rispettivamente (tra gli altri) dallo storico oppidese Rocco Liberti e da padre Giuseppe Lando, molto affascinanti appaiono anche le ipotesi proposte da Orazio Filippelli e dall'appassionato di storia messignadese Filippo Tucci. Il Liberti nella sua opera “Quaderni Mamertini” ci descrive con dovizia di particolari le alterazioni subite nei secoli dal nome Messignadi: “Se in un vetusto documento del 1188 si trova Mesinido, il Barrio e l'Ughelli hanno riportato Mesinado. Il Marafioti, invece, ch'era di Polistena e, quindi, doveva ben conoscere i luoghi circonvicini, si pronunzia per Mesignade. Gli atti vaticani recano Mesignadi (1544), Misignadi (1614), Messignani (1645) ma nelle relationes ad Limina dei Vescovi è d'uopo leggere Messinnadio (1603), Messignadio (1607), Misignado (1666), ancora Messignadio (1666) e, finalmente Messignadi (1675). Si trovano poi Misignadi, in un atto di vendita del feudo oppidese rogato nel 1611 e Missignadi (1589) e Mesignadi (1614) nei relevi, documenti relativi alle successioni feudali. Nei rogiti dei notai si avverte un nitido Messignadi sin dal 1626. Nel sinodo del Diano Parisio del 1670 c'è Misegnadi e Mesignadi, mentre sulla campana grande della chiesa parrocchiale datata 1588 si rinviene Misignadi... Messignadi, affatto rintracciabile, almeno con siffatta denominazione, nelle carte greche rimontanti al periodo 1050/1065, si affaccia alla storia, come già riferito, nel 1188 quale Mesinido. All'epoca un abitante del paese, Stefano Galliardo o Gagliardo, assieme a gente di Barapodo (Varapodio), Santa Cristina ed altri centri abitati, fungeva da testimone a Oppido in un atto pubblico, nel quale si comprendevano gli estremi di una controversia feudale.”
Tornando al significato attribuibile a Messignadi bisogna premettere che per tanti secoli la lingua greca è stata la lingua della maggioranza del popolo in queste zone della Calabria e quindi viene ipotizzata una sicura origine ellenica del termine, come riporta Massimo Caruso nel 1984: “Secondo il Rohlfs, lo studioso tedesco che ha dedicato tutta la sua produzione scientifica allo studio del dialetto calebrese, il termine Messignadi, alla maniera di altri costrutti lessicali tardo-greci che si riscontrano nella lingua parlata in alcune regioni della Grecia, avrebbe un carattere patronimico e altro non significherebbe che -feudo, territorio, proprietà appartenente alla famiglia Messineo-. Così parimenti alla stessa stregua di Zurgonadio altro centro viciniore al nostro che, come è noto, nel comune linguaggio dialettale vien detto Zirgonadi, colla medesima desinenza finale in adi, significa: feudo, territorio, proprietà appartenente alla famiglia Sorgonà o Zorgonà.” Questa tesi sostenuta da Gerhard Rohlfs nel suo Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria che vuole Messignadi feudo della famiglia Messineo (probabilmente originaria di Messina, della quale in verità non disponiamo alcuna notizia concreta) è stata abbracciata anche da altri illustri autori del settore in particolare da Emilio Barillaro.
Nel suo interessantissimo libro “Messignadi edito ed inedito” pubblicato nel 1987 padre Lando ci propone invece altre tre possibili soluzioni al problema, di cui le prime due lui stesso le ritiene le più attendibili. La prima ipotesi è quella sostenuta da Giovanni Battista Marzano nel suo Dizionario etimologico per cui Messignadi deriverebbe dal greco mesìdios e vuol dire “che sta nel mezzo”, a suffragio di ciò Giuseppe Lando indica che il villaggio “sorge nel mezzo della cerchia montagnosa che abbraccia i paesi circostanti: Varapodio, Tresilico, Oppido Mamertina, Zurgonadio, Molochio, Terranova e Piminoro”, sempre secondo Lando “non bisogna vedere il sito attuale ma bisogna andare con la immaginazione indietro, alla ridente ed immensa pianura esistente prima del flagello sismico del 5 febbraio del 1783”. La seconda suggerisce il termine Messignadi come “una etimologia tratta dal fiume Mesima, che corrisponde all'antico Mèsma (forma più antica di Mèdma), conosciuto nel secolo XVI col nome di Medama, poi definito in quello di Mesima. Ora volendo proprio assegnare una derivazione onomastica a Messignadi, diverebbe più facile pensare che, in tempi storici un gruppo o più abitanti presso il fiume Mesima, per scampare ai pericoli di orde e di incursioni, abbiano cercato rifugio sull'amena altura (metri 350 e più sul livello del mare), alle falde del Monte Pizzunaru, dando al toponimo la loro provenienza”. L'ultima ipotesi che ci presenta Lando è forse la meno probabile, egli ha domandato al noto letterato monsignor Nicola Ferrante di Reggio Calabria la possibile origine del toponimo Messignadi e il Ferrante ha risposto: “Per ciò che concerne Messignadi esso probabilmente deriva da un tale Joannes Mesinus, -di cui parla un atto greco del 1228, riportato da Francesco Trinchera, Syllabus Graecarum Membranarum, Napoli 1895, p.387- oppure da altro cognome simile, quasi certamente greco”.
Orazio Filippelli tramite i suoi scritti su Wikipedia ci fornisce importanti e preziose informazioni oltre che delle inedite teorie sul significato del termine Messignadi: “Le origini di Messignadi risalgono, con relativa certezza, alla Magna Grecia. Nel tempo il nome ha subito alcune variazioni; tra quelle note: Massinado, Messiniade, Mesoignadi, Mesignade. L'etimologia deriva probabilmente dalla parola greca Μεσσηνίάδoς (della Messenia), per cui si potrebbe ipotizzare che il primo nucleo sia stato fondato dagli antichi messeni, provenienti dalla Messenia, regione del Peloponneso, e inizialmente insediatisi a Zancle (antico nome di Messina) intorno al V secolo a.C. È altresì possibile che il nome Messignadi derivi dall'unione del verbo greco μεσόω con il sostantivo ναιαδi, letteralmente tradotto: che sta in mezzo alle Naiadi, divinità mitologiche, ninfe delle sorgenti. Infatti, Messignadi nell'antichità era circondata da corsi fluviali. Dei periodi greco, romano e bizantino non rimangono che fragili memorie. Tra gli anni 1050 e il 1064 Messignadi viene menzionato in alcuni contratti di compravendite e donazioni stipulati nel territorio di Oppido. Lo storico frate Giovanni Fiore da Cropani (1622-1683) nella sua "Calabria Illustrata" scrive che Mesignade ha avuto origine dalle colonie fuggitive delle città destrutte da' mori”.
Filippo Tucci nelle sue ricerche aderisce alla posizione fuori dal coro di Giuseppe Pensabene che farebbe derivare Messignadi da “messenarium” cioè 'centro delle messi', che secondo anche Rocco Liberti: “considerate le colture cerealicole presenti nel territorio prima dell'intensiva messa a dimora degli ulivi, potrebbe avere un qualche fondamento” e secondo pure Giuseppe Lando: “da ragazzo appresi, tra le altre derivazioni etimologiche, che Messignadi vuol dire 'Terra feconda di messi' ”. Tucci sosteneva in merito al primo insediamento urbano del villaggio di Messignadi che il luogo dove si compravano e vendevano le eccedenze dei prodotti fu quello delle prime residenze dei mercanti, a cui si aggiunsero nel tempo il sarto, il calzolaio, il barbiere, il cerusico, il prete ecc. Questo posto veniva indicato come messinarium (deposito delle merci, come in latino armarium -armadio- era il deposito delle armi). Quindi Messinarium o Messenarium si sarebbe poi trasformato in Messignadio e infine in Messignadi.
La famiglia Messineo, la Messenia, la città di Messina, il fiume Mesima, le Naiadi, Joannes Mesinus, che sta nel mezzo, il centro delle messi, fino a dover coniare una onomastica greca 'oi Messinades' (membri della famiglia Messina o cose simili) esclusa a priori da padre Lando... è davvero impossibile azzardare quale sia la strada giusta per svelare questo mistero che ormai dura da secoli, speriamo che il futuro ci possa illuminare circa la via corretta da seguire.
(a cura di MIRKO TUCCI)


martedì 28 aprile 2020

I 100 anni di Concetta Condello


Oggi è il compleanno di CONCETTA CONDELLO tanti auguri da "MESSIGNADI nel tempo e nel mondo"! 100 anni raggiunto il traguardo di un secolo. La sua vita è stata costellata di tanti sacrifici, dolori e gioie. Noi ti vogliamo bene, hai dato a ognuno l'esempio del saper fare e dell'arrangiarsi in qualsiasi situazione della vita. Hai fatto del bene a tutti coloro che te lo chiedevano e hai mandato avanti con la tua forza la tua famiglia che ti adora, sei stata un gioiello prezioso per quelli che ti hanno conosciuto nell'animo. Che dire Concettina ti siamo vicini oggi in questo bellissimo giorno, con gioia festeggiamo il tuo compleanno e ti auguriamo ancora moltissimi anni.
Con affetto GIUSEPPINA CONDELLO TUCCI (23 aprile 2020)


venerdì 24 aprile 2020

Rocco Longo ha compiuto 100 anni

“MESSIGNADI nel tempo e nel mondo” oggi 24 aprile 2020 festeggia il compleanno centenario del nostro carissimo compaesano ROCCO LONGO, ci uniamo a lui e ai familiari per festeggiarlo tutti simbolicamente. Grande uomo che della sua persona ha fatto l'emblema dell'umiltà, dell'onestà e della signorilità. Amato da tutta la comunità messignadese vive la sua vita con dignità e dedizione verso gli altri, ma soprattutto verso la sua famiglia: sua moglie Nazzarena e i suoi cari. La sua veneranda età di CENTO ANNI non è percepibile, giovanile e riflessivo in tutto quello che fa, ci insegna come l'età e il tempo che passa non influisce per nulla sull'intelligenza quando si è allenati e preparati. La discrezione è nel suo essere e ne ha fatto la sua perfezione, dico questo poiché ho avuto la possibilità di poterlo conoscere personalmente.
BUON COMPLEANNO SIGNOR ROCCO LONGO, cento anni di vita sono un bel traguardo e te ne auguriamo ancora tanti. Chissà quanti ricordi e storie i tuoi occhi e il tuo cuore hanno visto? La Seconda Guerra Mondiale alla quale hai partecipato attivamente non ha indurito il tuo cuore ma l'ha reso più fragile e propenso verso gli altri.

Con affetto GIUSEPPINA CONDELLO TUCCI

Rocco Longo brevi cenni biografici




ROCCO LONGO BREVI CENNI BIOGRAFICI

Rocco Longo nasce a Oppido Mamertina il 24 aprile 1920 da genitori poveri. Il padre Antonino si era sposato due volte, dalla prima moglie che poi morì per una malattia ebbe due figli maschi. In seguito Antonino si risposò con Maria Concetta Caminiti, la mamma di Rocco, con la quale ebbe sette figli, cinque femmine e due maschi, in totale nove figli che andarono sempre tutti d'amore e d'accordo. Fin da bambino Rocco seguiva il padre nei lavori per aiutare i bisogni della famiglia poichè lui era il primo, quindi non ebbe la possibilità di andare a scuola. All'età di vent'anni venne chiamato alle armi dal Distretto Militare di Bari e assegnato al 25° Artiglieria stanziato presso Lecce. Nel 1940 gli venne assegnata la prima medaglia rilasciata in occasione della santa Pasqua. Dopo qualche mese venne mandato nel 2° Reggimento Motorizzato a Ferrara (esistono diverse fotografie dell'epoca che lo ritraggono in divisa militare da combattimento). Successivamente fu trasferito a Palma Campania dove entrò a fare parte del 5° Reggimento d'Artiglieria di Napoli, in seguito venne inviato a Palermo, a Catania e infine fu imbarcato in una nave per la Tunisia. Qui dopo tre mesi scese in linea di combattimento in Algeria, la mattina del 22 dicembre 1940 durante un combattimento Rocco venne colpito con una cannonata dagli Americani e ferito nella parte posteriore della gamba destra, caduto in malo modo rimase allo scoperto senza riuscire a muoversi mentre dagli aerei piovevano colpi di mitragliatrice a raffica. Lui riparato dentro un dirupo si mise a gridare aiuto rivolgendosi ad un suo commilitone che subito corse per prestargli soccorso, ma non potendo aiutarlo cercò di coprirlo con un grande cespuglio per nasconderlo e farlo poi portare in salvo dai soccorritori in tarda serata. Sofferente venne condotto in un ospedale in Algeria, mentre veniva accompagnato sulla barella da una suora lui piangeva invocando la propria mamma. La suora commossa dopo averlo lasciato un attimo s'apprestò a portargli una statua del Santissimo Crocifisso (che ancora custodisce gelosamente) e disse mettendogli il crocifisso tra le braccia: “Che Dio ti possa proteggere sempre!” Da lì fu trasferito in un altro ospedale in Tunisia, il 29 dicembre 1942 fu riportato a bordo d'un aereo in Italia, sempre tenendo stretto a sé il Santissimo Crocifisso. Giunto presso il nosocomio di Montecatini Terme tentò di scrivere una lettera alla famiglia per informarli che si trovava ricoverato in Italia, proprio in quel momento un fotografo lo ritrasse mentre si accingeva a scrivere. A quel tempo il Fascio Femminile Fascista passava a visitare i feriti e volle organizzare una festa dedicata a tutti i guariti presso un hotel di un paese vicino dove donarono ai soldati appena dimessi una cartolina di saluto (che oggi possiede in mezzo a tanti ricordi del suo passato). Finito il lungo ricovero gli furono assegnati quaranta giorni di convalescenza a casa al termine dei quali fu richiamato nel 5° Reggimento d'Artiglieria a Motta di Livenza, dopo altri quaranta giorni venne condotto a Trieste per una visita di controllo. Nel frattempo gli Americani sbarcarono in Sicilia e il giorno 8 settembre 1943 il generale Badoglio chiese l'armistizio incondizionato. Immediatamente in quelle zone tutti i soldati dell'Esercito Italiano fuggirono nei campi adiacenti tra Udine e Trieste poiché le milizie fasciste e le truppe tedesche si erano opposte all'armistizio e di conseguenza i militari italiani temevano nuovi combattimenti. Anche Rocco scappò e fortunatamente riuscì a trovare rifugio presso una famiglia generosa che gli diede assistenza in quanto ancora non era del tutto guarito dalla ferita alla gamba. Una volta spogliatosi della divisa militare e indossati gli abiti borghesi donatigli da coloro che lo stavano ospitando si mise a lavorare per ripagare la loro cortesia e per guadagnarsi il pasto. Passati alcuni mesi la famiglia che aveva accolto Rocco ebbe paura dei Fascisti e dei Nazisti che svolgevano continui controlli nelle case per catturare i soldati fuggiti. Un giorno durante una perquisizione il capo famiglia protesse Rocco facendolo nascondere sotto l'apertura nel pavimento di un fienile ricoperta da balle di fieno, per fortuna tutto andò a buon fine. Purtroppo la famiglia ospitante dovette chiedergli di trovare un altro luogo per mettersi al sicuro perché per loro era diventato molto rischioso tenerlo ancora nella propria abitazione. Quindi il nostro paesano fu costretto a scappare tra i campi finché riuscì a raggiungere un treno di partigiani fermo carico di fusti di benzina e con la bandiera rossa alzata. I partigiani lo avvistarono, gli ordinarono di fermarsi con le braccia alzate e di comunicare le proprie generalità, questi vedendolo zoppicare vollero anche controllargli la ferita, infine gli domandarono per quale motivazione stava scappando. Egli rispose che la famiglia che l'aveva ospitato non poteva più tenerlo con loro per paura dei rastrellamenti. Il capo partigiano sentendo ciò ordinò ai suoi di riportarlo da quella famiglia cui fu chiesto di riprenderlo in quanto da quel momento lui era sotto il comando dei partigiani trattandosi d'un collega. Così rimase con coloro che da tempo l'avevano amorevolmente accolto fino alla data del 25 aprile del 1945, quando venne dichiarata la Liberazione. Finalmente Rocco poté tornare a Messignadi a casa dalla propria famiglia, dopo qualche anno incontra la sua attuale moglie Nazzarena Martino, che sposerà il 30 ottobre 1946. Ancora oggi sono felici insieme dopo settantaquattro anni di lunga vita, non hanno avuto figli ma sono attorniati da nipoti e pronipoti che li amano tanto.

(a cura di GIULIA SURACE, ha collaborato MIRKO TUCCI)

venerdì 3 aprile 2020

Tifoso juventino


Antonino Barbaro e famiglia


Giuseppe e Paolo Barbaro


Inverno messignadese


Suonatori per le vie messignadesi


Messignadesi a Roma


Antonino e Francesco Scarcella