ROCCO LONGO BREVI CENNI BIOGRAFICI
Rocco Longo nasce a Oppido Mamertina il
24 aprile 1920 da genitori poveri. Il padre Antonino si era sposato
due volte, dalla prima moglie che poi morì per una malattia ebbe due
figli maschi. In seguito Antonino si risposò con Maria Concetta
Caminiti, la mamma di Rocco, con la quale ebbe sette figli, cinque
femmine e due maschi, in totale nove figli che andarono sempre tutti
d'amore e d'accordo. Fin da bambino Rocco seguiva il padre nei lavori
per aiutare i bisogni della famiglia poichè lui era il primo, quindi
non ebbe la possibilità di andare a scuola. All'età di vent'anni
venne chiamato alle armi dal Distretto Militare di Bari e assegnato
al 25° Artiglieria stanziato presso Lecce. Nel 1940 gli venne
assegnata la prima medaglia rilasciata in occasione della santa
Pasqua. Dopo qualche mese venne mandato nel 2° Reggimento
Motorizzato a Ferrara (esistono diverse fotografie dell'epoca che lo
ritraggono in divisa militare da combattimento). Successivamente fu
trasferito a Palma Campania dove entrò a fare parte del 5°
Reggimento d'Artiglieria di Napoli, in seguito venne inviato a
Palermo, a Catania e infine fu imbarcato in una nave per la Tunisia.
Qui dopo tre mesi scese in linea di combattimento in Algeria, la
mattina del 22 dicembre 1940 durante un combattimento Rocco venne
colpito con una cannonata dagli Americani e ferito nella parte
posteriore della gamba destra, caduto in malo modo rimase allo
scoperto senza riuscire a muoversi mentre dagli aerei piovevano colpi
di mitragliatrice a raffica. Lui riparato dentro un dirupo si mise a
gridare aiuto rivolgendosi ad un suo commilitone che subito corse per
prestargli soccorso, ma non potendo aiutarlo cercò di coprirlo con
un grande cespuglio per nasconderlo e farlo poi portare in salvo dai
soccorritori in tarda serata. Sofferente venne condotto in un ospedale
in Algeria, mentre veniva accompagnato sulla barella da una suora lui
piangeva invocando la propria mamma. La suora commossa dopo averlo
lasciato un attimo s'apprestò a portargli una statua del Santissimo
Crocifisso (che ancora custodisce gelosamente) e disse mettendogli il
crocifisso tra le braccia: “Che Dio ti possa proteggere sempre!”
Da lì fu trasferito in un altro ospedale in Tunisia, il 29 dicembre
1942 fu riportato a bordo d'un aereo in Italia, sempre tenendo
stretto a sé il Santissimo Crocifisso. Giunto presso il nosocomio di
Montecatini Terme tentò di scrivere una lettera alla famiglia per
informarli che si trovava ricoverato in Italia, proprio in quel
momento un fotografo lo ritrasse mentre si accingeva a scrivere. A
quel tempo il Fascio Femminile Fascista passava a visitare i feriti e
volle organizzare una festa dedicata a tutti i guariti presso un
hotel di un paese vicino dove donarono ai soldati appena dimessi una
cartolina di saluto (che oggi possiede in mezzo a tanti ricordi del
suo passato). Finito il lungo ricovero gli furono assegnati quaranta
giorni di convalescenza a casa al termine dei quali fu richiamato nel
5° Reggimento d'Artiglieria a Motta di Livenza, dopo altri quaranta
giorni venne condotto a Trieste per una visita di controllo. Nel
frattempo gli Americani sbarcarono in Sicilia e il giorno 8 settembre
1943 il generale Badoglio chiese l'armistizio incondizionato.
Immediatamente in quelle zone tutti i soldati dell'Esercito Italiano
fuggirono nei campi adiacenti tra Udine e Trieste poiché le milizie
fasciste e le truppe tedesche si erano opposte all'armistizio e di
conseguenza i militari italiani temevano nuovi combattimenti. Anche
Rocco scappò e fortunatamente riuscì a trovare rifugio presso una
famiglia generosa che gli diede assistenza in quanto ancora non era
del tutto guarito dalla ferita alla gamba. Una volta spogliatosi
della divisa militare e indossati gli abiti borghesi donatigli da
coloro che lo stavano ospitando si mise a lavorare per ripagare la
loro cortesia e per guadagnarsi il pasto. Passati alcuni mesi la
famiglia che aveva accolto Rocco ebbe paura dei Fascisti e dei
Nazisti che svolgevano continui controlli nelle case per catturare i
soldati fuggiti. Un giorno durante una perquisizione il capo famiglia
protesse Rocco facendolo nascondere sotto l'apertura nel pavimento di
un fienile ricoperta da balle di fieno, per fortuna tutto andò a
buon fine. Purtroppo la famiglia ospitante dovette chiedergli di
trovare un altro luogo per mettersi al sicuro perché per loro
era diventato molto rischioso tenerlo ancora nella propria
abitazione. Quindi il nostro paesano fu costretto a scappare tra i
campi finché riuscì a raggiungere un treno di partigiani fermo
carico di fusti di benzina e con la bandiera rossa alzata. I
partigiani lo avvistarono, gli ordinarono di fermarsi con le braccia
alzate e di comunicare le proprie generalità, questi vedendolo
zoppicare vollero anche controllargli la ferita, infine gli
domandarono per quale motivazione stava scappando. Egli rispose che
la famiglia che l'aveva ospitato non poteva più tenerlo con loro per
paura dei rastrellamenti. Il capo partigiano sentendo ciò ordinò ai suoi di riportarlo da quella famiglia cui fu chiesto di riprenderlo
in quanto da quel momento lui era sotto il comando dei partigiani
trattandosi d'un collega. Così rimase con coloro che da tempo
l'avevano amorevolmente accolto fino alla data del 25 aprile del
1945, quando venne dichiarata la Liberazione. Finalmente Rocco poté tornare a Messignadi a casa dalla propria famiglia, dopo qualche anno
incontra la sua attuale moglie Nazzarena Martino, che sposerà il 30
ottobre 1946. Ancora oggi sono felici insieme dopo settantaquattro
anni di lunga vita, non hanno avuto figli ma sono attorniati da
nipoti e pronipoti che li amano tanto.
(a cura di GIULIA SURACE, ha
collaborato MIRKO TUCCI)