mercoledì 31 luglio 2013

a "RRUGA" (di Filippo Tucci)


Un portico, una stretta viuzza in cui si affacciano porte, balconcini e finestrelle, lastroni di pietra per terra, scorci di cortili, case addossate l’una all’altra. Questa era, una volta la “rruga” ( i “vinedi”) di Messignadi. Per secoli è stata il cuore pulsante della vita di paese; ora è tristemente abbandonata. Non contadini, stanchi dal lavoro dei campi, che si attardano  ritemprarsi dalla fatica; né sciami di ragazzi  festosi  che si rincorrono giocando a “mmucciateda”; né vecchi intenti a rubare il tepore dell’ultimo raggio di sole; né  il chiacchiericcio delle donne sull’uscio di casa; né gatti randagi che oziano pigramente; né foglie dondolanti nell’aria, sospinte dalla brezza serale. Nulla. Solo un arido deserto dominato dalla presenza grave e silenziosa di case ormai vecchie e fatiscenti. Quasi che un evento grave ed imprevisto abbia spinto a rapida fuga  persone ed animali. Solo il vento sussurra ancora di storie tristi, di eventi lieti, di antiche leggende (quelle che terrorizzavano i bambini, raccontando di “lupiminari” o della” schiera dei morti”). Eppure i muri scalcinati, le pietre, le arcate, le finestre dai vetri rotti, le porte semi-spalancate portano i segni di una civiltà  atavica fatta di saggezza, di laboriosità, di rispetto, di sentimenti semplici, ma veri. A percorrere le vecchie “rrughe”, nel silenzio della notte fonda, si sente aleggiare tutto questo. Il rimpianto, sofferto e sottile, attanaglia  chi, nel vicolo, si è aperto alla vita, ha avuto le carezze della gente, ha cullato le sue prime speranze, ha assaporato - nel quieto tepore di una serata profumata dalle prime violette -  il complice sguardo di una ragazza, occhieggiante  dalla tendina di una finestra socchiusa.  Traspare ancora  questo fascino, intimo e misterioso, legato indissolubilmente al mondo dell’ infanzia ed alle prime esperienze di vita. Solo un  pittore potrebbe dare corpo a questi sentimenti, ridando vita al vicolo, almeno per un istante, inondandolo di sole e di colori. Questa, però, è mera fantasia, l’orologio della vita non torna indietro; anche se sarebbe utile a trasmettere ad altri, forse a tanti altri, la struggente nostalgia che si prova ad andare in giro per i vicoletti, alla ricerca di un tempo che non tornerà più. Forse per questo è meglio lasciare la “rruga” nel bagaglio dei ricordi, in un angolino del proprio cuore, dove alloggiano le cose più belle e più care.

FILIPPO TUCCI

a rruga, 1


a rruga, 2


a rruga, 3


a rruga, 4


a rruga, 5