Un portico,
una stretta viuzza in cui si affacciano porte, balconcini e finestrelle,
lastroni di pietra per terra, scorci di cortili, case addossate l’una
all’altra. Questa era, una volta la “rruga” ( i “vinedi”) di Messignadi. Per
secoli è stata il cuore pulsante della vita di paese; ora è tristemente
abbandonata. Non contadini, stanchi dal lavoro dei campi, che si attardano ritemprarsi dalla fatica; né sciami di ragazzi
festosi che si rincorrono giocando a “mmucciateda”; né
vecchi intenti a rubare il tepore dell’ultimo raggio di sole; né il chiacchiericcio delle donne sull’uscio di
casa; né gatti randagi che oziano pigramente; né foglie dondolanti nell’aria,
sospinte dalla brezza serale. Nulla. Solo un arido deserto dominato dalla
presenza grave e silenziosa di case ormai vecchie e fatiscenti. Quasi che un
evento grave ed imprevisto abbia spinto a rapida fuga persone ed animali. Solo il vento sussurra
ancora di storie tristi, di eventi lieti, di antiche leggende (quelle che
terrorizzavano i bambini, raccontando di “lupiminari” o della” schiera dei morti”).
Eppure i muri scalcinati, le pietre, le arcate, le finestre dai vetri rotti, le
porte semi-spalancate portano i segni di una civiltà atavica fatta di saggezza, di laboriosità, di
rispetto, di sentimenti semplici, ma veri. A percorrere le vecchie “rrughe”,
nel silenzio della notte fonda, si sente aleggiare tutto questo. Il rimpianto,
sofferto e sottile, attanaglia chi, nel
vicolo, si è aperto alla vita, ha avuto le carezze della gente, ha cullato le
sue prime speranze, ha assaporato - nel quieto tepore di una serata profumata
dalle prime violette - il complice sguardo
di una ragazza, occhieggiante dalla
tendina di una finestra socchiusa. Traspare
ancora questo fascino, intimo e
misterioso, legato indissolubilmente al mondo dell’ infanzia ed alle prime
esperienze di vita. Solo un pittore potrebbe
dare corpo a questi sentimenti, ridando vita al vicolo, almeno per un istante,
inondandolo di sole e di colori. Questa, però, è mera fantasia, l’orologio
della vita non torna indietro; anche se sarebbe utile a trasmettere ad altri,
forse a tanti altri, la struggente nostalgia che si prova ad andare in giro per
i vicoletti, alla ricerca di un tempo che non tornerà più. Forse per questo è
meglio lasciare la “rruga” nel bagaglio dei ricordi, in un angolino del proprio
cuore, dove alloggiano le cose più belle e più care.
FILIPPO TUCCI
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