PROTESTA DEI MESSIGNADESI 1965
Nella tarda primavera del 1965, a Messignadi vi era un
diffuso malessere nei confronti della Amministrazione comunale per una serie di
problemi insoluti, taluni dei quali si trascinavano da anni. Innanzitutto la necessità di un collegamento stradale
diretto con Oppido, perché l’accesso a piedi risultava estremamente disagevole, soprattutto
per i ragazzi che frequentavano le scuole medie. La rotabile
Messignadi-Varapodio era, in condizioni disastrate, non asfaltata , piena di
buche e quando pioveva diventava un pantano. L’emigrazione all’estero e nel
Nord Italia aveva spopolato il paese e il lavoro era solo un miraggio. Vi
erano, poi, le carenze “minori” tipo l’assenza in paese dell’ostetrica, i
rifiuti non raccolti, la luce pubblica assolutamente insufficiente, la mancanza
di case popolari. I giovani, in particolare, lamentavano la chiusura del campo
sportivo e la mancanza di una sezione delle
scuole medie inferiori. Era comprensibile quindi, che difronte alla atavica
inerzia dell’Amministrazione municipale, il mugugno dei Messignadesi sfociasse
in protesta di popolo. I più attivi erano i soggetti più politicizzati,
generalmente orientati a sinistra e, tra loro, in particolare Pietro Caravelli
e Vincenzo Surace (il Partigiano), al cui seguito vi erano moltissimi giovani.
Messignadi, però, non aveva la capacità di esprimere un capo-popolo (alla
Zimbè, per capirci), per cui si presero contatti con il medico Emilio Argiroffi, dirigente del PCI di Taurianova. Argiroffi, avviato ad una brillante carriera
politica, non perse l’occasione che gli si presentava per radicarsi meglio sul
territorio; tenne diverse riunioni a
Messignadi, ascoltò la gente del paese ed alla fine fu deciso di organizzare una
manifestazione di protesta presso la
sede del Municipio di Oppido. Fissata la data, verso la fine del mese di
maggio, si passò alla organizzazione, coinvolgendo non solo giovani e
giovanissimi, ma anche il resto degli
abitanti. Nei giorni precedenti la data stabilita, vennero preparati dei cartelloni
che denunciavano i vari problemi e furono definiti nei dettagli le modalità di
svolgimento della protesta, che comunque doveva essere e restare civile e
pacifica. La notte antecedente alcuni dei promotori preferirono non dormire a
casa loro, perché si temeva un blitz delle forze dell’ordine.
Fortunatamente non accadde nulla ed al mattino
seguente, buona parte del paese si avviò verso Oppido. A metà del corso
principale di Oppido, i Messignadesi
formarono il corteo che doveva marciare verso il Palazzo del Comune. In
testa al corteo i giovanissimi (quasi bambini), che issavano i cartelloni con
le diverse denunce; subito dietro di loro, una Fiat 600 dotata di altoparlante
da cui venivano scanditi gli slogan che
motivavano la protesta. A seguire una moltitudine di persone, guidata da
Argiroffi. Non mancavano (né potevano mancare) taluni “reduci” della tentata
occupazione del bosco d Farone, avvenuta 15 anni prima. Ciccu Surace, mastro
Vincenzo u’ cadderaru, Jelasi, Rocco
Pizzucu, Nunzio Surace, u Tronino, u Saracino ecc., avevano risposto
all’appello, anche se qualcuno di loro era palesemente acciaccato ed ingobbito
sotto il peso degli anni. Il corteo dei manifestanti si mosse verso il
Municipio, tra la curiosità dei passanti e qualche sberleffo provocatorio, che
avrebbe potuto far degenerare una manifestazione civile e responsabile. Non si
cadde nella trappola neanche quando qualche sciagurato gridò a voce alta: “Ma chi vonnu, sti culi lordi i
Messignadoti”. Giunti all’altezza del Comune, il corteo si fermò e Emilio
Argiroffi, salito su una sedia, potè tenere il suo comizio. Si richiese,
quindi, che una delegazione fosse ricevuta dal Sindaco, ma il sig. Sindaco era
in tutt’altre faccende affaccendato (come era del resto facilmente
prevedibile), per cui la delegazione dovette rappresentare le proprie istanze
ad un personaggio che, assicurò, avrebbe riferito puntualmente al primo
cittadino, che non avrebbe mancato di
esaminare le diverse richieste presentate. Grande è stata la delusione dei
partecipanti che si attendevano qualcosa di più concreto, in tempi brevi. Poi
il corteo si sciolse ed i Messignadesi tornarono alle loro case a mani vuote,
come era accaduto, né più né meno, quindici anni prima.
FILIPPO TUCCI