venerdì 24 aprile 2020

Rocco Longo brevi cenni biografici




ROCCO LONGO BREVI CENNI BIOGRAFICI

Rocco Longo nasce a Oppido Mamertina il 24 aprile 1920 da genitori poveri. Il padre Antonino si era sposato due volte, dalla prima moglie che poi morì per una malattia ebbe due figli maschi. In seguito Antonino si risposò con Maria Concetta Caminiti, la mamma di Rocco, con la quale ebbe sette figli, cinque femmine e due maschi, in totale nove figli che andarono sempre tutti d'amore e d'accordo. Fin da bambino Rocco seguiva il padre nei lavori per aiutare i bisogni della famiglia poichè lui era il primo, quindi non ebbe la possibilità di andare a scuola. All'età di vent'anni venne chiamato alle armi dal Distretto Militare di Bari e assegnato al 25° Artiglieria stanziato presso Lecce. Nel 1940 gli venne assegnata la prima medaglia rilasciata in occasione della santa Pasqua. Dopo qualche mese venne mandato nel 2° Reggimento Motorizzato a Ferrara (esistono diverse fotografie dell'epoca che lo ritraggono in divisa militare da combattimento). Successivamente fu trasferito a Palma Campania dove entrò a fare parte del 5° Reggimento d'Artiglieria di Napoli, in seguito venne inviato a Palermo, a Catania e infine fu imbarcato in una nave per la Tunisia. Qui dopo tre mesi scese in linea di combattimento in Algeria, la mattina del 22 dicembre 1940 durante un combattimento Rocco venne colpito con una cannonata dagli Americani e ferito nella parte posteriore della gamba destra, caduto in malo modo rimase allo scoperto senza riuscire a muoversi mentre dagli aerei piovevano colpi di mitragliatrice a raffica. Lui riparato dentro un dirupo si mise a gridare aiuto rivolgendosi ad un suo commilitone che subito corse per prestargli soccorso, ma non potendo aiutarlo cercò di coprirlo con un grande cespuglio per nasconderlo e farlo poi portare in salvo dai soccorritori in tarda serata. Sofferente venne condotto in un ospedale in Algeria, mentre veniva accompagnato sulla barella da una suora lui piangeva invocando la propria mamma. La suora commossa dopo averlo lasciato un attimo s'apprestò a portargli una statua del Santissimo Crocifisso (che ancora custodisce gelosamente) e disse mettendogli il crocifisso tra le braccia: “Che Dio ti possa proteggere sempre!” Da lì fu trasferito in un altro ospedale in Tunisia, il 29 dicembre 1942 fu riportato a bordo d'un aereo in Italia, sempre tenendo stretto a sé il Santissimo Crocifisso. Giunto presso il nosocomio di Montecatini Terme tentò di scrivere una lettera alla famiglia per informarli che si trovava ricoverato in Italia, proprio in quel momento un fotografo lo ritrasse mentre si accingeva a scrivere. A quel tempo il Fascio Femminile Fascista passava a visitare i feriti e volle organizzare una festa dedicata a tutti i guariti presso un hotel di un paese vicino dove donarono ai soldati appena dimessi una cartolina di saluto (che oggi possiede in mezzo a tanti ricordi del suo passato). Finito il lungo ricovero gli furono assegnati quaranta giorni di convalescenza a casa al termine dei quali fu richiamato nel 5° Reggimento d'Artiglieria a Motta di Livenza, dopo altri quaranta giorni venne condotto a Trieste per una visita di controllo. Nel frattempo gli Americani sbarcarono in Sicilia e il giorno 8 settembre 1943 il generale Badoglio chiese l'armistizio incondizionato. Immediatamente in quelle zone tutti i soldati dell'Esercito Italiano fuggirono nei campi adiacenti tra Udine e Trieste poiché le milizie fasciste e le truppe tedesche si erano opposte all'armistizio e di conseguenza i militari italiani temevano nuovi combattimenti. Anche Rocco scappò e fortunatamente riuscì a trovare rifugio presso una famiglia generosa che gli diede assistenza in quanto ancora non era del tutto guarito dalla ferita alla gamba. Una volta spogliatosi della divisa militare e indossati gli abiti borghesi donatigli da coloro che lo stavano ospitando si mise a lavorare per ripagare la loro cortesia e per guadagnarsi il pasto. Passati alcuni mesi la famiglia che aveva accolto Rocco ebbe paura dei Fascisti e dei Nazisti che svolgevano continui controlli nelle case per catturare i soldati fuggiti. Un giorno durante una perquisizione il capo famiglia protesse Rocco facendolo nascondere sotto l'apertura nel pavimento di un fienile ricoperta da balle di fieno, per fortuna tutto andò a buon fine. Purtroppo la famiglia ospitante dovette chiedergli di trovare un altro luogo per mettersi al sicuro perché per loro era diventato molto rischioso tenerlo ancora nella propria abitazione. Quindi il nostro paesano fu costretto a scappare tra i campi finché riuscì a raggiungere un treno di partigiani fermo carico di fusti di benzina e con la bandiera rossa alzata. I partigiani lo avvistarono, gli ordinarono di fermarsi con le braccia alzate e di comunicare le proprie generalità, questi vedendolo zoppicare vollero anche controllargli la ferita, infine gli domandarono per quale motivazione stava scappando. Egli rispose che la famiglia che l'aveva ospitato non poteva più tenerlo con loro per paura dei rastrellamenti. Il capo partigiano sentendo ciò ordinò ai suoi di riportarlo da quella famiglia cui fu chiesto di riprenderlo in quanto da quel momento lui era sotto il comando dei partigiani trattandosi d'un collega. Così rimase con coloro che da tempo l'avevano amorevolmente accolto fino alla data del 25 aprile del 1945, quando venne dichiarata la Liberazione. Finalmente Rocco poté tornare a Messignadi a casa dalla propria famiglia, dopo qualche anno incontra la sua attuale moglie Nazzarena Martino, che sposerà il 30 ottobre 1946. Ancora oggi sono felici insieme dopo settantaquattro anni di lunga vita, non hanno avuto figli ma sono attorniati da nipoti e pronipoti che li amano tanto.

(a cura di GIULIA SURACE, ha collaborato MIRKO TUCCI)

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