E’ raro che una vecchia foto, ingiallita dal tempo, evochi tante
emozioni, tanti ricordi e tante considerazioni di natura sociale ed economica del periodo storico in cui sono vissute le persone ritratte.
Emerge uno spaccato di vita assolutamente interessante, pur nella semplicità dei
costumi, usanze ed abitudini. La fotografia pubblicata rappresenta la famiglia
di Francesco Scarcella, nell’occasione del matrimonio di una parente stretta
avvenuto a Platì, nell’anno 1932. L’abbigliamento è certo quelle delle
occasioni importanti. Il capo famiglia, in sobrio doppiopetto marrone, porta un
fiore all’occhiello della giacca, mentre – pendente dal taschino – fà orgogliosamente mostra di se una medaglia al
valor militare (presumibilmente della grande guerra de 1915-1918). L’uomo ha un
portamento distinto ed una certa ricercatezza nel vestire, dimostrata dalla
cravatta, dalla camicia con gemelli e dalle scarpe di ottima fattura
artigianale. La moglie, molto composta nel suo abito scuro, sfoggia una lunga
collana, anche se si comprende che il suo ruolo è principalmente quello di
essere una buona madre di famiglia. I due ragazzi più grandicelli sono anche
loro in completo scuro, con camicia bianca e cravatta. Entrambi hanno un fiore
bianco all’occhiello. I bambini più piccoli sono vestiti in maniera meno
formale ed un tantino casual. Infine la bimba, di circa due anni, è
elegantissima nel suo vestitino bianco, tanto da pensare che facesse da
paggetto alla sposa. Viene spontaneo chiedersi come questa famiglia abbia
potuto compiere il tragitto Messignadi-Plati e ritorno, pensando alla scarsità
di mezzi di trasporto dell’epoca. Sembrerebbe che l’intera famiglia abbia fatto
il percorso a piedi, impiegando una intera giornata per l’andata, ed
altrettanto per il ritorno ,arrivando in vetta all’Aspromonte per poi
discendere verso Platì. Francesco Scarcella era un provetto muratore, tanto da
avere il soprannome di U’NGEGNERI, e viveva del proprio lavoro, riuscendo a
mantenere ad un livello decoroso la propria famiglia. Faceva parte, quindi, di
quel ceto medio composto da artigiani (sarti, barbieri, calzolai, muratori,
ecc.), commercianti, bottegai, impiegati e da piccoli proprietari. Un ceto che,
a quanto è lecito dedurre, in quegli anni trenta non se la passava male. Chi
stava peggio erano i “jornatari”, quelli cioè che lavoravano a giornata. Ne
facevano parte contadini, raccoglitrici di olive, zappatori, putatori,ecc. Non stava meglio neanche il ceto dei grossi
proprietari terrieri, cinque o sei famiglie in tutto, avviato oramai ad una
inesorabile decadenza, perché incapace di aprirsi al nuovo e di stringere
alleanze con le classi emergenti. Anzi era tanto il loro atavico disprezzo
verso il “popolino” che era inimmaginabile un matrimonio con dei messignadesi.
Si preferiva imparentarsi con dei forestieri oppure restare scapoli o zitelle. Per
tornare a Francesco Scarcella, qualcuno dei suoi figli è emigrato in Australia,
altri si sono fermati a Messignadi. La piccola Giuseppina ha sposato Stefano
Scullino. Oggi i discendenti diretti di“
Cicciu U’ngegneri” (siamo alla quarta generazione e prossimi alla
quinta) sono giovani che si sono laureati .giovani che stanno seguendo corsi
universitari , giovani che stanno frequentando le scuole superiori. Insomma una
bella storia di una famiglia tipica messignadese, che ha onorato ed onora il
nostro Paese.
FILIPPO TUCCI
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