PIETRO ANDRONACO,“SUMMASTRO”
Il messignadese Pietro Andronaco faceva di mestiere il
ciabattino, ma catalogarlo sbrigativamente come “scarparu” è assolutamente riduttivo, perché lui non si
limitava soltanto a riparare le scarpe
malridotte dei messignadesi, ma era soprattutto un “creatore” di modelli di
scarpe che venivano vendute nei migliori negozi di Messina. Fosse vissuto oggi,
lo si sarebbe potuto definire un “designer di moda” ed è certo che , in un
contesto ambientale diverso, la sua creatività
ne avrebbe fatto di lui un uomo di successo con tante soddisfazioni, sociali ed economiche. Invece ha dovuto
accontentarsi di poco, di quel molto poco che i tempi di allora consentivano.
Mastro Pietro, pensava i suoi “modelli”,
poi li traduceva in precisissimi disegni, sui quali lavorava intere giornate,
fintantoché non arrivava al modello definitivo. Passava, quindi, alla
realizzazione che eseguiva con estrema perizia. Appena le scarpe erano pronte,
prendeva il primo autobus con destinazione Messina. Qui si presentava da un rinomato
negozio di scarpe, dove veniva accolto e
trattato con grande cordialità. Ne usciva alla fine, con qualche spicciolo in
tasca, sufficiente ad un pranzo in trattoria ed a levarsi qualche umano sfizio.
Poi se ne tornava a casa, mentre il negoziante lucrava abbondantemente facendo
riprodurre in serie il “prototipo” , vendendo le scarpe a facoltosi clienti. Pietro Andronaco era contento lo stesso,
era fatto così. Amava tanto le sue “creature” al punto che una volta,
incontrando in paese un suo cliente che aveva le “sue” scarpe appena
impolverate, lo rimproverò aspramente e, preso dal taschino il fazzoletto
bianco, pulì la “scarpina” facendola brillare in tutta la sua bellezza .Come
tutti gli artisti, riteneva che la sua opera potesse essere utilizzata da chi
la comprava, ma lui si sentiva sempre il proprietario. Mastro Pietro aveva il
dono naturale del disegno, tant’è che spesso raffigurava, su fogli di quaderno
o carta d’altro genere, i personaggi famosi dell’epoca : Mussolini, Hitler,
Badoglio ecc. Alla sua bottega (o scuola, come lui stesso diceva) andavano
molti ragazzi (discipuli) che dovevano chiamarlo “Summastro” ( il gradino piu’ alto nella gerarchia
artigianale) e visto il carattere del personaggio, non voleva essere confuso con i ciabattini,
pur numerosi e bravi, che lavoravano a Messignadi. Aveva, e forse non a torto, una grande
considerazione di se stesso che si rifletteva nei suoi comportamenti.
Fisicamente era longilineo, vestiva in maniera sobria, ma elegante. Portava
quasi sempre la cravatta (una rarità per quei tempi) e ai piedi i suoi gioielli
che, come diceva lui, portava a
passeggio per suscitare l’ammirazione e l’invidia dei passanti. Attraversava le
strade del paese, non con alterigia, ma con l’interiore convincimento di essere
un gradino più in alto degli altri. Non era molto loquace ed amava vagare per i
boschi, assorto nei suoi pensieri. Quando, per svago o per necessità, si recava
nelle campagne le sue amate scarpine restavano a casa e usava scarponi e abiti
che normalmente non si usano per andare in giro. In queste occasioni, mastro Pietro evitava di
farsi vedere , servendosi di stradine periferiche e di campagna. Era geniale
nel suo lavoro ed è un vero peccato che delle sue tantissime creazioni sia
rimasto poco o nulla.
FILIPPO TUCCI
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