Conobbi la signora Maria, una mattina di una domenica d’estate
di qualche anno fa. Ero, come sempre, alla ricerca di persone che mi potessero
aiutare a ricostruire qualche aspetto particolare di fatti o personaggi di
questo piccolo paese. Allora aveva già superato i 95 anni ed abitava in una
casa nella piazza della Chiesa Vecchia (i messignadesi rifiutano le “logiche” della burocrazia comunale e
continuano a chiamarla così). Viveva da sola perché – come diceva lei – non
voleva dare “sconzu a nudu”, anche se i familiari sarebbero stati ben felici di accoglierla in casa loro
ed accudirla. Mi è sembrato di
cogliere nelle sue parole un senso di
orgoglio, tipico delle persone che hanno
badato non solo a se stesse, ma anche
agli altri, e il convincimento che la vita è tale finchè si è sufficientemente
autonomi. Rimasi sorpreso dalla lucidità dei suoi ragionamenti e dalla sua incredibile
memoria. Ad ogni mia domanda rispondeva, snocciolandomi nomi, cognomi,
soprannomi, attività, ecc. Insomma una miniera di informazioni. Dopo la
chiacchierata, chiedendomi scusa, mi disse che doveva prepararsi per andare a Messa e, comunque di ritornare
quando lo avessi voluto. La incontrai diverse volte, anche se – devo
confessarlo – la guardavo ammirato quando passava per le strade di Messignadi
dritta, veloce e sicura e soprattutto riconoscendo e salutando le persone
che incrociava. Cara signora Maria,
cento anni di lavoro duro e faticoso, insieme alla gioia (anch’essa faticosa)
di aver allevato, i figli e accudito nipoti e pronipoti alla fine meritano il
giusto riposo e la riconoscenza, che ora
è possibile coltivare solo nel ricordo.
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