La sveglia suona alle 5,30. E’ un dolce risveglio,
accompagnato dalla musica della cornamusa che gira per il paese ad annunciare
la Messa della Novena di Natale. Sono le sei del mattino di una fredda alba
dicembrina, quando varco il portone
della Chiesa. Tanta gente, tanti giovani, tanti ragazzi. Sono sorpreso da così
numerosa partecipazione. Dopo tanti anni don Antonello, il parroco attuale, ha
voluto assecondare la richiesta dei Messignadesi di ripristinare la Messa alle
sei del mattino e la comunità ha risposto con grande entusiasmo. Ho desiderato e
voluto esserci, per una volta almeno, perché il Natale non è solo la festa dei
bambini, ma anche di quanti si sentono, nonostante
l’età, bambini nel cuore e
nell’anima. Alle prime note di “Tu
scendi dalle stelle”, che l’orchestrina (guidata da Peppe Barbaro) esegue dall’altare
maggiore, sento irrefrenabile un nodo di commozione e il pensiero va indietro a
tempi lontani, quando mia nonna Giulia mi buttava dal letto per portarmi con sé
in Chiesa (“Veni, levati, sennò u Bombinedu non ti porta nenti”). Non è
cambiato molto da allora, il Natale a Messignadi. L’orchestrina che gira per il
paese, l’odore dell’incenso e della cera delle candele, le stesse liturgie, la medesima
ansia dell’Attesa. A guardar bene, non
sono cambiati neanche i volti delle persone. Sì perché nella nostra piccola
comunità, dove tutti ci conosciamo da sempre, non è difficile risalire dai
lineamenti delle persone al loro ceppo familiare. Per questo molti dei volti
dei presenti alla Messa, richiamano alla mente i loro genitori, i loro nonni, i
loro bisnonni. Anche questa è la magia legata a questa festa: rivivere il
Natale insieme a coloro che ci hanno preceduto, anelli – noi come loro – di un’unica indissolubile
catena.
P. S. – A pensarci bene una differenza c’è. Noi, dopo la
Messa, siamo andati al bar a prendere il cappuccino con la brioche alla
Nutella, loro (i nostri vecchi) andavano, invece, direttamente a lavorare in
campagna.
FILIPPO TUCCI
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