Il terremoto dell’anno 1783, a Messignadi
(Tratto da “OPPIDO Mamertina, riassunto cronistorico di Vincenzo Frascà, edito nel 1930 pagg. 229 e segg.)
“Il vasto fabbricato conventuale fu distrutto dal terremoto del 1783 e la leggenda vuole che la campana di quel convento suoni a distesa la notte di Natale, ad invitare i fedeli alla Messa di mezzanotte. Non si vede sul luogo alcuna campana, ma la tradizione è viva e molti contadini giurano di averla udita suonare a stormo, la notte di Natale. Nei pressi del convento si celebrava la fiera di San Vincenzo, che ricorreva nei primi giorni del mese di aprile. La statua di San Vincenzo, che dopo il terremoto fu trovata incolume, fu portata in Messignadi, dove si celebra ogni anno la maggiore festa in Suo onore. Dalle macerie di quel convento furono estratti anche molti calici, ostensori, una croce astile di argento ed altri arredi sacri, portati alla chiesa parrocchiale di Messignadi. Ed anche la campana piccola di quel convento, ora squilla dal campanile della chiesa di Messignadi. Si racconta che qualche ora innanzi al terremoto del 5 febbraio 1783 due contadini avessero portato ai monaci del convento delle grosse somme dovute per fittanze e che il frate amministratore, dopo aver contato le monete, le avesse disposte a mucchietti di uguale valore sopra un tavolo ingombro di libri. All’indomani del terremoto, ritornati i contadini sul luogo, videro il frate morto con il capo sfracellato presso il tavolo, gli altri frati tutti seppelliti fra quelle macerie e le monete disperse. Si racconta ancora che un frate laico nel momento del terremoto trovavasi ad attingere acqua nei pressi dell’abitato di Messignadi, dalla fontana che tuttavia chiamasi Fontana dei Monaci e che una voragine apertasi improvvisamente l’abbia inghiottito insieme all’asino ed ai barili. Nessuno ha mai pensato al restauro e così ebbe fine quel convento, che per circa tre secoli fu lustro e decoro di quella borgata. Il fiumicello Race o Stizzii che non esisteva si formò dopo il terremoto ed ora si attraversa su di un ponticello all’ingresso di questa borgata. Sulla via rotabile che va a Varapodio, dove ora si trova il Calvario, sorgeva una bella chiesina, che distrutta dal terremoto del 1783, non venne più riedificata.”
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